20 Aprile 2024
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Valeria Rombolà | «Riscoprire la figura di Enzo Ferrari significa recuperare una certa idea dell’Italia. Un’Italia nella quale era ancora possibile trasformare il sogno in realtà, l’intuizione in capolavoro geniale, la fatica quotidiana in esaltazione della laboriosità». Questa Italia romantica e appassionata ce la fa riscoprire Leo Turrini, giornalista sportivo scrittore e massimo esperto di Formula Uno, nel suo ultimo romanzo edito da Longanesi: Enzo Ferrari un eroe italiano. La storia di un uomo che ha cambiato per sempre il destino del nostro paese: figlio di un capofficina emiliano capace di dare senso alle pulsioni emotive di intere generazioni.

image-4Turrini, che cosa ha reso Ferrari quello che è stato? Il coraggio, l’ingegno o la voglia di emergere?Prima di tutto, la sua capacità di visione. Poi un coraggio smisurato: nel 1946, dopo le devastazioni della guerra, ci voleva una grande intelligenza a immaginare che l’automobile non sarebbe stata solo un mezzo di locomozione ma anche un’opera d’arte. Queste sue capacità hanno esercitato sugli americani un fascino straordinario, dovuto al fatto che Ferrari non era figlio di un ereditiere, non era un Ford, ma un uomo qualunque che stava cambiando il mondo. Ferrari ha intuito bisogni umani che ancora non pensavamo di avere, per questo nel mio libro lo paragono a Steve Jobs.

La vera passione sono state le corse automobilistiche. Che idea si è fatto di Ferrari come pilota? Le corse sono state una fortissima passione per Ferrari. Per finanziarsi l’auto da corsa ha venduto anche la casa. Ma capiva che in quel campo non sarebbe mai diventato un campione. Quando sarà ormai ai vertici della sua azienda, un giorno Ferrari decise di andare in macchina con Tazio Nuvolari, grande campione, per vedere «che cosa avesse in più di lui». Quando scese da quella macchina capì la differenza e disse «ho troppo rispetto e amore per l’auto per diventare un vero pilota». Si rese conto che correre era una forma di “violenza” verso l’auto che non sarebbe mai stato in grado di avere.

tazio_nuvolari_2Che rapporto aveva con i suoi piloti? E quali i preferiti tra quelli di cui parla nel libro? Nuvolari era la rappresentazione dell’eroismo, provava per lui un’ammirazione sconfinata. Ascari è l’uomo che corona il sogno di Enzo costruttore perché è il primo a vincere la Formula Uno, inoltre è legato da un affetto quasi paterno verso di lui. Fangio, è l’unico pilota già campione del mondo ad entrare nella sua scuderia, con lui ha un rapporto controverso e difficile, ma si rende conto della sua bravura assoluta. Personalmente, quello che ho amato di più è stato Nuvolari. Nell’immaginario collettivo era la subliminazione di un sogno. Con Nuvolari Enzo è riuscito a dimostrare che le sue auto potevano rendere eroe un uomo qualunque.

Che idea si è fatto di Ferrari come uomo: le donne, i figli, il suo essere capo dell’azienda? Ferrari ha amato sostanzialmente due donne nella sua vita: Laura e Lina. La prima è la madre di Dino, morto tragicamente a causa di una malattia. La seconda è la madre di Piero, colui che lo succederà nella direzione dell’azienda. Ma non ha mai realmente ammesso di avere due vite: ha amato queste due donne in maniera diversa. Era un padre attento e premuroso: la morte di Dino ha lasciato in lui una ferita che non si è mai marginata. Come datore di lavoro era un uomo forte,rigido, pragmatico ma anche con un solido codice valoriali verso i suoi collaboratori, che rispettava sempre.

1960_2-580x351Perché ha scelto di parlare di Ferrari? Io sono nato vicino Maranello e se nasci lì Ferrari ce l’hai nel sangue. Sentivamo il rumore delle Ferrari fin da piccoli e tutti hanno in famiglia almeno una persona che ha lavorato per lui. In più, essendo giornalista sportivo, l’ho conosciuto di persona e intervistato. Per me questo libro è la chiusura di un cerchio, dal momento che la prima edizione è stata pubblicata nel 2002 e gran parte della mia vita l’ho spesa attorno alla Ferrari.

Enzo Ferrari un eroe italiano non è la storia solo di una causa automobilistica, ma quella di un uomo. Questo è quello che rende l’autobiografia di Turrini un bel libro: la capacità andare oltre la visione che agli occhi del mondo ha lasciato Ferrari, irresistibile e titanica ma di raccontare la vita di un uomo che mostra crepe, incertezze e indecisioni e che con fatica è riuscito a trasformare la sua esistenza e quella di moltissimi italini in una storia di successo senza precedenti.

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