25 Aprile 2024

A cura di Antonella Frontani

“Di tutti gli dei, quale di loro vive in me?”

Quante volte ci siamo fatti questa domanda? Quante volte abbiamo trovato la riposta?

Abbiamo compiuto la leggerezza di non chiedercelo, o abbiamo avuto il coraggio di scoprirlo?

Una delle fragilità che colpisce l’animo umano, spesso dell’uomo pubblico, è un marcato divario tra l’immagine dell’io e il sé reale che spesso comporta arroganza, insensibilità, negazione e proiezione. E’ il baratro in cui approda l’assenza di sentimenti coltivando il Narcisismo.

Ecco il Mito che affonda le sue radici nel nostro profondo riproponendo la tragedia e la crudeltà di Narciso, bellissimo cacciatore greco, figlio della ninfa Liriope e del dio fluviale Cefiso.

L’archetipo imprigiona la psiche, la plasma secondo il proprio delirio come una predisposizione potente e invisibile e segna la personalità di un uomo condizionandone tutta la sua vita.

Il Narcisista è seduttivo, però, perché si muove  nell’ambito della seduzione,  un gioco di potere tipico in cui viene tradito il sentimento della fiducia dell’altro attraverso una promessa non chiaramente specificata che ne forza la volontà. L’immagine grandiosa di sé riflessa nell’interlocutore è linfa vitale per il Narcisista che non volge mai lo sguardo verso chi lo adora e che, a sue spese, non impara ad ascoltare neppure i propri bisogni.

E’ la triste storia di Narciso, ragazzo di sublime bellezza che non amava la presenza del prossimo, compiaciuto dalla sua stessa compagnia. La ninfa Eco che al primo sguardo  imparò ad amarlo, non corrisposta,  si spense nel suo tormento d’amore  fino a sparire, lasciando di sé solo l’eco della sua voce.

Alla nascita di Narciso il celebre indovino Tiresia predisse: “vivrà finché non conoscerà se stesso, finché non vedrà la sua immagine…”.

In un giorno di grande caldo, in Tessaglia sul Monte Olimpo,  Narciso, steso al sole  in contemplazione del suo corpo, venne colto da una sete violenta. Alla ricerca di una fonte d’acqua trovò un bellissimo lago cui correre per dissetarsi. Ma proprio nel momento in cui si chinò sullo specchio d’acqua vide per la prima volta la sua immagine e, mentre si avvicinò alla sponda, per la prima volta si innamorò: “Io tendo le mie braccia alle tue e tu alle mie. Io ti sorrido e tu mi sorridi. Io porgo le mie labbra alle tue e tu le porgi a me…”

L’adorazione di sé fu la sua fine. Secondo una delle due ricostruzioni, Narciso, nell’impossibilità di baciare se stesso, si pugnalò al cuore pronunciando il suo delirio: “ Mi uccido perché non posso abbracciare il mio amore…”  .

La mitologia racconta che dal sangue di Narciso sia nato un fiore che, appunto, è costellato al suo interno da tante macchioline rosse. Sembra che, durante il viaggio verso gli inferi guidato da Caronte, le parole di Narciso che cercava invano la sua immagine riflessa nel fiume Stige furono: “ Meno male che tu non sei morto ma vivi ancora nelle acque del lago adagiato nel bosco dei miei sogni…”.

Povero Narciso… la sua immagine non poteva trovare riflesso nelle acque torbide del fiume che lo trasportava perché lo Stige era la grande palude che conduceva all’oltretomba.

E “amore”, l’ultima parola la lui pronunciata tuonerà a lungo urlata dall’eco…

La lotta per il potere e il controllo caratterizza il Narcisista dannando la sua vita. La negazione della paura e dei sentimenti rappresenta la difesa da possibili ferite. L’invulnerabilità è l’obiettivo più disumano cui si condanna come una vera ossessione. L’ostentazione della forza è la misura della sua debolezza. Il Narcisista è destinato all’infelicità e al suo fallimento.

La pietà nei confronti di un Narcisista è tutta volta verso quel bimbo che è stato umiliato fino  al punto di crescere segnato da una ferita aperta.

Come ogni fragilità umana  il Narcisismo è stata fonte di ispirazione per l’arte, nonché terapia efficace…

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