29 Marzo 2024
Deborah Pedone | Si chiama OrMe ed è la Rete torinese nata per sostenere le esperienze di orti urbani comunitari e per favorire il loro sviluppo e la loro diffusione
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Deborah Pedone | Si è tenuta domenica 8 ottobre, a casa Ozanam, la presentazione della neonata Rete Metropolitana degli Orti Urbani torinesi, proposta da OrMe, il gruppo informale che raccoglie le tante esperienze di orti urbani attivi in città. A coordinare l’evento è stata Elena Carmagnani, fondatrice di OrtiAlti, il progetto che trasforma i tetti in spazi da coltivare.

L’orto alto di casa Ozanam è rimasto aperto al pubblico per mostrare la grande soddisfazione, ma anche il duro lavoro, che questo progetto comporta. Per gli ortolani della Circoscrizione 5 è stata una vera festa, cominciata alle con le prime visite agli orti della Circoscrizione. «L’orto è condivisione, è un luogo in cui si incontrano diverse nazionalità, si realizza l’integrazione» ha detto l’assessore all’Ambiente della Città di Torino, Alberto Unia in apertura dell’incontro.

Torino è una delle città più avanzate in questo ambito: nel 1986 fu la prima città a regolamentare la nascita degli orti metropolitani. E sono numerosi ancora oggi, tutti con un’impronta personale ed esperienze diverse che OrMe vuole unire. A raccontare il cammino che ha portato all’idea della mappatura è stato Davide Lobue, naturalista e apicoltore, presidente dell’Associazione Parco del Nobile. La Rete vuole creare un progetto comune con obiettivi chiari, prima di tutto dando vita a una vera anagrafe degli orti della città, aiutando a risolvere i problemi della gestione quotidiana. Il passo successivo sarà garantire le competenze necessarie, attraverso corsi di formazione, per realizzare nuovi progetti come la collaborazione con le scuole.

Sarà così possibile creare momenti di incontro e scambio culturale, avvicinando soprattutto i bambini alla manualità e insegnando al tempo stesso una buona educazione ambientale. Tra le proposte degli ortolani della città, alcune sono già state messe in pratica, a cominciare con l’ortoterapia e con specifici programmi di lavoro con persone diversamente abili. Una proposta, questa, che risulta utile soprattutto alla salvaguardia di aree della città che vanno recuperate.

L’idea è stata meditata a lungo, a partire dal giugno 2016 ed è stata supportata dalla Compagnia San Paolo, in collaborazione con Atlante del Cibo e First Life, progetti sviluppati dall’Università degli Studi di Torino.

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