19 Aprile 2024
Nonostante la correzione dell'assessore Chiara Caucino che ha ridimensionato i dati circolati nei giorni scorsi, i numeri dell'incidenza del coronavirus nelle case di riposo piemontesi restano preoccupanti
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Nonostante la correzione dell’assessore Chiara Caucino che durante l’ultimo Consiglio regionale ha ridimensionato i dati circolati nei giorni scorsi che parlavano di più di mille e trecento contagiati, i numeri dell’incidenza del coronavirus nelle case di riposo piemontesi restano comunque preoccupanti.

Situazione seria

Al 31 marzo nelle RSA della regione sono stati eseguiti tremila tamponi: 189 quelli risultati positivi. Altre 1.100 persone sono ancora in attesa di esami, le stesse persone che – ha spiegato Caucino – «sono state prudenzialmente considerate positive in quanto sintomatiche» facendo così erroneamente salire il numero dei contagiati.

Ma la situazione è seria. Il totale di anziani contagiati in casa di riposo rappresenta quasi il 10% dei 12.400 contagiati in tutta la regione. Un fronte che emerge solo ora, dopo la grande attenzione concentrata soprattutto su pronto soccorso e ospedali, dove la priorità fin dall’inizio dell’emergenza è stata quella di allestire e potenziare le terapie intensive.

I Nas, intanto, hanno avviato nella provincia di Torino una decina di indagini per far luce su morti sospette e assenza di procedure di protezione. Particolarmente gravi i casi della residenza San Matteo di Nichelino dove sono morti 16 anziani e della casa di risposo San Giuseppe di Grugliasco, dove ci sono stati sei decessi sui quali la Procura ha aperto un’inchiesta.

Ogni RSA è un caso a sé

Ma “casa di riposo” non significa per forza focolaio di contagio. Le cronache di questi giorni raccontano anche di situazioni di normalità, come nel caso della RSA di Rivalta, cittadina di ventimila abitanti a una decina di chilometri da Torino.

Al Bianca della Valle – scrive oggi il periodico on line RivaltaInforma.it – le procedure per contrastare la diffusione del virus sono iniziate ancor prima che la Regione emanasse specifiche direttive. «Da quando abbiamo avuto il sospetto che si trattasse di un’epidemia – spiega Angelo Amolaro, presidente del cda del Bianca della Valle – abbiamo sospeso le visite di parenti e amici dei nostri degenti, evitando così contatti con l’esterno potenzialmente pericolosi».

Anche per il personale sono stati adottati specifici protocolli: a ogni cambio turno controlli sullo stato di salute, a iniziare dalla misurazione della temperatura corporea. E, nel caso di situazioni dubbie in famiglia, si procede a una sostituzione. «La cooperativa che lavora nella nostra struttura si è immediatamente resa disponibile e ha fornito al personale tutti i dispositivi di protezione necessari» aggiunge Amolaro.

Nessun contatto con l’esterno

Il Bianca della Valle ospita 49 persone, prese in carico da due medici assegnati dall’ASL che visitano regolarmente due volte la settimana. «La “linea dura” sta funzionando e siamo contenti, perché prima di tutto vengono la salute e la sicurezza dei nostri ospiti» dice ancora Amolaro.

E, in un primo tempo, a storcere il naso per la chiusura sono stati più i parenti che i diretti interessati: «gli anziani che abbiamo in cura continuano la loro normale vita di sempre, nessuno si è lamentato». «E abbiamo provveduto a dotarci di tablet per permettere a tutti di parlare con figli e nipoti a casa, grazie alle videochiamate e a Skype»

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