24 Aprile 2024
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Carlotta Viara |

Il picco da Coronavirus ha messo in luce alcuni aspetti relativi al sistema sanitario spesso trascurati dal dibattito civile e politico.

Alla ribalta delle “cronache pandemiche”, in particolare, il tema delle Residenze sanitarie assistenziali: da un’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità emerge che il 41% dei decessi nelle RSA,in Fase 1, è attribuibile al Covid-19; dei risvolti penali della questione se ne sta occupando la Magistratura.

Una vera e propria ecatombe che ha slatentizzato il paradosso di un Welfare la cui fragilità si è rivelata in un contesto precipuamente deputato alla massima protezione delle fasce più esposte.

Un’esperienza negativa da cui trarre insegnamento per la realizzazione di un nuovo modello di RSA.

Cosa sono le RSA

Le Residenze Sanitarie Assistenziali (di cui si è già parlato qui http://www.ecograffi.it/2020/04/troppi-anziani-positivi-case-di-riposo-sotto-esame/) costituiscono una sorta di tertium genus rispetto ad ospedali e case di cura: sono strutture extraospedaliere, a carattere sanitarioassistenziale, che si sono diffuse in Italia a metà degli anni novanta.

Se ne contano, oggi, sul territorio nazionale, 4629 (dati GNPL National Register); ospitano prevalentemente anziani non autosufficienti, bisognosi di specifiche cure specialistiche.

Possono essere pubbliche (del Comune o della ASL), private convenzionate col SSN o completamente private; all’interno della medesima RSA, le tre opzioni sovente coabitano, in un regime misto.

Cosa offrono

La RSA è una sorta di microcosmo, la cui articolata dimensione mira all’organicità ed all’integrazione con la realtà circostante.

L’assistenza medica è affidata ad un Direttore Sanitario (preferibilmente medico geriatra, che sovrintende all’operato degli addetti infermieristici e socio-sanitari) e ad un medico di medicina generale (di norma non stabilmente presente in struttura, che cura la gestione clinica del paziente).

L’assistenza infermieristica è continua così come quella degli operatori socio-sanitari per lo svolgimento delle incombenze quotidiane.

Altri professionisti – quali fisioterapisti, psicologi, educatori – si dedicano all’assistenza riabilitativa (intesa non solo come mero ripristino della singola funzione, ma soprattutto come “recupero”, in prospettiva evolutiva, della persona nella sua interezza).

Al proposito, a fianco delle prestazioni alberghiere, di ristorazione, di lavanderia, di pulizia, sono  incentivate le attività di animazione e di socializzazione.

Fotografia di questo approccio multidisciplinare è il piano di assistenza individuale (PAI), che viene predisposto, in ingresso, per ciascun ospite ed è costantemente aggiornato.

L’indagine dell’ISS

Sull’onda delle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto varie RSA, accusate di aver cagionato l’esplosione dei contagi per mancato rispetto dei protocolli di sicurezza, è stata avviata, lo scorso marzo, un’indagine ad opera dell’Istituto Superioredi Sanità (https://www.iss.it/primo-piano/-/asset_publisher/o4oGR9qmvUz9/content/conclusa-l-indagine-sulle-rsa).

Il report finale, pubblicato a giugno (che ricomprende il periodo 1 febbraio – 30 aprile 2020), evidenzia, tra gli altri, un dato inquietante: quattro morti su dieci sono sospetti Covid; su 9154 pazienti deceduti nelle RSA, infatti, 680 erano risultati positivi al tampone e 3.092 avevano presentato sintomi influenzali.

Le criticità emerse

Oltre ai riferimenti puramente statistici, l’indagine Iss-Garante ha preso anche in considerazione le criticità riscontrate dalle RSA durante il lockdown.

Le principali lacune denunciate dagli operatori del settore sono: la tardività e la non agevole interpretazione delle linee guida, la penuria di dispositivi di protezione, la difficoltà iniziale nel fare eseguire i tamponi, la scarsa presenza del personale medico e l’impreparazione (ascrivibile all’assenza di formazione) di quello paramedico, la promiscuità tra i degenti ingenerata dall’impossibilità di realizzare il prescritto isolamento.

Al riguardo, non si può certo sottacere come l’infelice decisione, assunta da diversi enti regionali, di trasferire nelle RSA pazienti Covid in negativizzazione abbia ulteriormente favorito il dilagare del virus.

Le prospettive future

Non è tempo, però, di concentrarsi sugli errori commessi, se non quale spunto di riflessione edificante: in un futuro immediato, nella denegata ipotesi di una recrudescenza del fenomeno (che gli esperti paventano nei mesi autunnali), occorre apportare concreti miglioramenti.

Più in generale, a prescindere dal discorso pandemia, è comunque urgente e prioritario “ripensare” il modello RSA (a partire dalla normativa ormai superata).

Per approfondire l’argomento, se ne parla giovedì 16 luglio h. 11.30 a #In Salute su Rete7  (replica domenica 19 luglio h. 13.00). Conduce il Direttore di Ecograffi, dott. Giorgio Diaferia, medico e giornalista. Ospiti in Studio il dott. Giovanni Gallo, Presidente Confcooperative Nord Ovest e la dott.ssa Tiziana Tripodi, Segretario Provinciale Cisl Piemonte fp.

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