28 Marzo 2024
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Carlotta Viara

Davvero un bel convegno, coinvolgente e ricco di spunti di riflessione e di azione, quello che si è svolto ieri alla presenza (rigorosamente da remoto) dei numerosi partecipanti, interessati al tema fondamentale della salute e della sua salvaguardia (https://www.facebook.com/1776132612489410/posts/2784350741667587/?d=).

Introdotto dal Referente del Comitato Sanità Torino in Azione G. Diaferia e moderato dal giornalista E. Bertaina, ha potuto contare sul contributo qualificato di relatori di alto livello, quali (in ordine di presentazione): il Vice Rettore dell’Università degli studi di Torino A. Rainoldi, il Presidente dell’Ordine dei Medici di Torino G. Giustetto, il medico specializzando in medicina del lavoro E. Grillo, il Presidente degli Infermieri professionali F. Mancuso, la pediatra di famiglia L. Zanino ed il medico USCA F. Badiali.

In questo momento epocale di somma difficoltà (quasi 32.000 oggi i contagi), l’interrogativo inquietante è sul perché non si sia “approfittato” del periodo di post lockdown per una programmazione efficace di interventi mirati in vista della recrudescenza (data per certa su basi scientifiche) del fenomeno coronavirus.

Ancora una volta, la crescita esponenziale dei casi ci coglie impreparati.

I medici di base, oberati di lavoro (spesso improprio in quanto teoricamente di competenza dei SISP) e dotati di scarsi mezzi perlopiù inadeguati, non riescono a fare barriera per arginare il fiume in piena dei pazienti sintomatici.

Le strutture ospedaliere sono vecchie (la più giovane è il “Martini” … anno 1970) e (salvo qualche rara eccezione) fatiscenti: con la carenza di medici ed infermieri (non sempre, tra l’altro, sufficientemente “formati” per l’emergenza), i pronto soccorso presi d’assalto e le unità di terapia intensiva (laddove presenti) quasi al collasso, il rischio tracollo è purtroppo reale.

Gli operatori del 118,pur alternandosi in turni massacranti, “non sono in grado di prestare l’aiuto che le persone si aspettano”, a causa di penuria di ambulanze dotate dei necessari dispositivi di protezione, tempi di reazione che si allungano (ogni mezzo va sanificato dopo ogni servizio) e frequenti problemi di coordinamento con gli altri operatori sanitari.

La situazione dei tamponi (per concludere – a titolo esemplificativo e non esaustivo – la pars destruens della rassegna) è nota: code, ritardi, troppo pochi (in media 15.000 al giorno) rispetto al fabbisogno.

Passando alla pars construens, incisive le proposte concrete in risposta a questa seconda ondata virale, molte delle quali già avanzate mesi fa in occasione di altri incontri sull’argomento, ma rimaste inascoltate.

Presupposto per ridisegnare l’intero “sistema sanità pubblica territoriale” è l’ottenere rapidamente la disponibilità, a livello locale, dei finanziamenti stanziati dal MES.

Occorre fornire maggiore supporto ai medici di famiglia ed ai pediatri di libera scelta (categoria che legittimamente necessita di particolare attenzione) affinché siano poste in essere le giuste condizioni che consentano loro di fungere da strategico primo filtro.

Quanto agli ospedali, premesso che la scelta dell’ “Oftalmico” quale covid hospital non è delle più felici, si insiste per il potenziamento dell’ “Amedeo di Savoia” ed il recupero del “Maria Adelaide”.

Utile il protocollo (in fase di definizione) relativo al trattamento domiciliare (ossigenoterapia, cortisone…) per alleggerirli.

Parimenti importante, in termini di sgravio, “guidare” e rafforzare le neonate unità speciali di continuità assistenziali (USCA) per il monitoraggio, il tracciamento e la cura a casa.

Bisogna inoltre “arruolare” ovunque più personale, anche investendo con lungimiranza sulle giovani leve di dottori, mediante l’ampliamento del numero delle borse di studio per le specializzazioni (ogni anno, a fronte di una media di 10mila laureati, lo Stato elargisce solo 6mila borse, creando così il c.d. imbuto formativo che certo non giova alla qualità della professione).

Sempre in tema di gioventù, un ultimo accenno all’esempio virtuoso dell’Università di Torino, che, con i suoi 80mila studenti e 4mila docenti, si è trovata costretta a modificare pesantemente le modalità di erogazione della didattica, adottando, nel contempo, gli opportuni accorgimenti per “non lasciare indietro nessuno”: oggi tutti i corsi sono fruibili su Internet.

È stata in aggiunta elaborata una valutazione per la descrizione (a mezzo dell’attribuzione di un punteggio numerico) dello stato fisico dei soggetti (sani) che desiderano sottoporsi allo screening;detto punteggio migliora con il migliorare dello stile di vita: ciò rappresenta un incentivo alla ricerca di un maggior benessere (individuale e collettivo), adattabile anche in altre realtà.

Per un approfondimento dei tavoli tematici (autorevoli principi ispiratori dell’azione politica) e molto altro: https://www.azione.it/proposte-fase3; canale youtube Torino in Azione Circ. 1&4;  pagine social di Azione.

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