Il primo ateneo al mondo dedicato alla gastronomia, nato da un’intuizione di Carlo Petrini, festeggia i suoi venti anni riunendo 800 rappresentanti delle più importanti aziende agroalimentari italiane Scopri qui le foto della giornata |
«La sfida dei prossimi anni sarà quella di superare le divisioni, di lavorare sulla condivisione e la cooperazione. Se non andiamo oltre la logica della competitività, se non consideriamo il settore alimentare come un bene comune, non saremo in grado di affrontare questo lungo periodo di transizione. Il cambio di paradigma necessario nei nostri comportamenti è all’ordine del giorno: o intraprendiamo questa strada in maniera armonica con la natura e tra di noi, o la situazione diventerà irreparabile» ha dichiarato Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche, in occasione dell’apertura dei festeggiamenti per i 20 anni di Pollenzo, davanti a una platea di 800 persone in rappresentanza di più di 300 realtà dell’industria alimentare italiana, delle principali istituzioni del territorio e 12 rettori di atenei piemontesi e del resto della penisola. «Agli studenti qui presenti dico che la missione per i prossimi anni è avere uno sguardo aperto verso il mondo, verso le altre culture gastronomiche: abbiamo fatto della multidisciplinarietà il valore di questa università, adesso dobbiamo compiere un altro passo e superare l’eurocentrismo. La capacità del gastronomo è capire la complessità del mondo a partire dal cibo e questa è la più grande gioia che una università possa dare». Nata nel 2004 e promossa dall’associazione Slow Food con la collaborazione delle Regioni Piemonte ed Emilia-Romagna, quella di Pollenzo è stata la prima, e tutt’ora l’unica, università al mondo interamente dedicata allo studio del cibo dal punto di vista delle scienze gastronomiche. Ed è proprio a Pollenzo che le scienze gastronomiche hanno ottenuto dignità accademica: nel 2017 infatti il MIUR ha definito due nuove Classi di Laurea in Scienze Gastronomiche basandosi sul modello UNISG. In vent’anni di vita oltre 3800 gastronomi si sono laureati, il 45% dei quali provenienti da 101 paesi del mondo. Carlo Petrini ha rivolto alle realtà più importanti della produzione agroalimentare italiana un appello affinché diffondano la potenzialità culturale e politica che ha il settore alimentare, sostenendo l’appello Col cibo si educa, col cibo si cambia, con cui UNISG e Slow Food Italia esortano il Governo a inserire l’educazione alimentare tra le materie di studio nelle scuole di ogni ordine e grado. A venti anni dalla nascita dell’Università di Pollenzo, saper leggere il mondo attraverso le lenti delle scienze gastronomiche risulta ancora più necessario per interpretare le grandi crisi che stiamo vivendo e che le ragazze e i ragazzi di oggi saranno chiamati a fronteggiare. Sfide per le quali occorrono risposte e soluzioni efficaci, che solo una formazione professionale in grado di coniugare le esigenze del mondo produttivo con una visione del cibo che sappia rispondere alle sfide economiche, sociali, ambientali e climatiche attuali, può assicurare. «La logica che deve guidare il sistema alimentare non può essere che “bio” in senso etimologico, cioè imperniata sulla vita. Nessuno sviluppo degno di questo nome, infatti, oggi può essere disgiunto da un approccio che lo renda prima di ogni cosa sostenibile, durevole, armonico. In antitesi al cibo come “commodity”: prodotto per essere venduto, invece che per nutrire il corpo e lo spirito; prodotto per i mercati finanziari e soggetto a speculazioni; cibo che viene sprecato, a livello globale, per un terzo della produzione complessiva: ecco che l’educazione alimentare ci insegna la cultura del necessario per contrastare lo spreco» ha sottolineato Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, promotore dell’appello insieme a UNISG, alle Comunità Laudato si’, all’Università degli studi di Torino, l’Università del Piemonte Orientale e il Politecnico di Torino. «E che dire dei recenti dati italiani secondo cui due milioni di persone sotto i 16 anni soffrono di disturbi alimentari: è urgente ricostruire un corretto rapporto col cibo e con la terra che lo produce. In quest’ottica credo che l’educazione alimentare nella scuola, debba essere un progetto collettivo, un luogo in cui sperimentare nuove forme di apprendimento. Un futuro che tenga insieme dati tecnici e saperi tradizionali, visione globale e valorizzazione delle diversità territoriali, lucida analisi e intelligenza affettiva, ricerca scientifica e bellezza». Ad accogliere il mondo accademico e i circa 500 alumni che in questi giorni stanno arrivando a Pollenzo, portando il loro bagaglio di esperienze umane e professionali in giro per il mondo, il Magnifico Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Bartolomeo Biolatti. Sostenitore dell’appello per l’educazione alimentare anche Maurizio Martina, Direttore Generale Aggiunto FAO, che in un video messaggio ha sottolineato come «Attraverso l’educazione alimentare si può sviluppare un percorso di formazione non solo al cibo ma alla cittadinanza. Conoscere i popoli attraverso il cibo, vuol dire conoscerne virtù e fragilità e in una situazione geopolitica e ambientale così complicata, pensare di investire sul cibo come strumento di educazione alla cittadinanza è un atto rivoluzionario». «L’educazione alimentare può essere un primo passo di un nuovo welfare dedicato ai più piccoli: abbiamo generazioni di ragazzi che vengono educati da influencer e vivono dentro i telefonini, senza la possibilità di potersi confrontare con la comunità intorno, con la realtà, con le storie e i valori che sono dietro al cibo. E invece abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo per riuscire a stare dentro i limiti della natura, altrimenti nessuna tecnologia potrà salvarci. Ciò che mi dà speranza è che i giovani di oggi hanno una consapevolezza istintiva della protezione ambientale che le generazioni come la mia non hanno, perché siamo nati in un periodo in cui tutto era dato per scontato. Dobbiamo interpretare correttamente il termine sostenibilità, che vuol dire stare dentro i limiti della natura e non che la natura e l’umanità devono portare il peso del capitalismo. Alle grandi industrie oggi presenti chiedo quindi di mettere l’etica davanti a tutto, perché il profitto è importante ma dobbiamo pensare ai nostri figli e al futuro della terra», ha sottolineato Sveva Sagramola, autrice e conduttrice televisiva. Alessandro Barbero, professore di storia medievale all’Università del Piemonte Orientale ha evidenziato il ruolo dell’istituzione scolastica: «Si chiede alla scuola di fare un altro sacrificio, un altro sforzo, introdurre l’educazione alimentare. Allora io penso che ci si dovrebbe rivolgere a questo mondo partendo da una premessa e cioè che le scuole sono un pezzo importantissimo, sacro, senza il quale questo Paese non avrebbe futuro. Un valore che non viene mai abbastanza riconosciuto ma che ha la possibilità di fare il miracolo, di non trasmettere solo contenuti e una direzione per il proprio futuro professionale, ma di aprire le teste e far ragionare i ragazzi». A sottolineare l’esigenza di inserire l’educazione alimentare nelle scuole anche due interventi scientifici: per Carmine Garzia, professore di Economia Aziendale presso UNISG e coordinatore scientifico del Food Industry Monitor, consumatori consapevoli sono in grado di generare una domanda di qualità, che porta a sua volta una offerta di qualità; mentre per il climatologo e divulgatore scientifico, Luca Mercalli, negli stessi 20 anni di esistenza di Pollenzo si è manifestato l’aumento delle temperature e la sempre maggiore frequenza dei fenomeni atmosferici violenti, in una corsa del clima che sta cambiando troppo e troppo in fretta perché gli essere umani possano adattarsi. Tra le oltre 300 aziende, i rappresentanti del mondo della produzione agroalimentare, del retail, delle associazioni di categoria agricole. «Sono passati 20 anni… davvero in fretta. Ma ne ha fatte di cose questa Università. Ha assolto pienamente, dal mio punto di vista, al ruolo che deve ricoprire un’Università: far crescere belle menti, creare progetti, lanciare sfide e avviare ricerche allo scopo di migliorare il mondo. Nel suo campo specifico, cioè quello delle Scienze Gastronomiche, l’UNISG, in questi 20 anni, dopo essere partita per prima al mondo, lo ha migliorato davvero questo mondo. Se oggi esistono menti e cuori, in diverse parti del Pianeta, che operano per un equilibrio nuovo e migliore tra natura e tecnologia, lo dobbiamo anche alla nostra Università. Grazie UNISG» ha ricordato Oscar Farinetti, fondatore di Eataly e presidente dell’Associazione amici dell’UNISG. «Da tempo Coldiretti è presente nelle scuole con i suoi agricoltori per promuovere l’educazione alimentare e l’importanza di educare le nuove generazioni a comprendere quello che è il vero valore del cibo. Un lavoro importante portato avanti dalle nostre fattorie didattiche. Per questo non possiamo che sostenere l’appello di Slow Food Italia e UNISG per far sì che, soprattutto i bambini, comincino da subito un percorso di avvicinamento al cibo che passi dal racconto della produzione agricola, fino a quelli che possono essere gli aspetti sociali ed economici. Senza dimenticare la conoscenza e la valorizzazione della Dieta Mediterranea, modello di alimentazione sostenibile e salutare, che incarna tutti i valori di distintività e tradizioni che riflettono la nostra storia. Solo così possiamo crescere al meglio i cittadini/consumatori di domani, con un’attenzione particolare a quello che mangiano e alla loro salute» ha messo in evidenza Ettore Prandini, presidente di Coldiretti.Firma qui l’appello |