19 Maggio 2024
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di Maria Chiara Vietti

Il filosofo Giovanni di Salisbury nella sua opera Metalogicon ci riporta una delle immagini più belle e dolci della crescita umana: “Diceva Bernardo di Chartres che noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti”.

Bernardo di Chartes è il suo Maestro, quel gigante che l’ha preso sulle spalle dandogli gli strumenti per partire e affrontare il viaggio. Solo cosi’ Giovanni può vedere più in là dello stesso Bernardo. Il nano sorretto dal suo gigante diventa più alto di lui e questo deve succedere affinché la crescita non abbia mai fine.

Su tali basi fallisce nel suo compito quel maestro il cui allievo non vede più lontano di lui. Lo stesso Leonardo da Vinci ci ribadisce che “Tristo è quel discepolo che non avanza il suo maestro”.

Ma andando ancora più indietro nel tempo possiamo trovare altri illustrissimi esempi come Socrate il maestro di Platone, il quale a sua volta è il maestro di Aristotele.

Ma in quale momento si blocca questo meccanismo? La trasmissione del sapere si arresta quando il Maestro non si cura della crescita dell’allievo focalizzando l’attenzione solo su sé stesso. È l’io che avanza imperterrito e senza fine. È il narcisismo. Nel quadro non c’è più un “noi” ma un “io”. È l’autoritratto di Van Gogh replicato in mille versioni diverse. È il suo sguardo fermo e dritto verso lo spettatore. Non c’è null’altro nel quadro. C’è solo Van Gogh.

Se provi a perderti in questo quadro scorgi le personalità narcisistiche più accese. Puoi intravedere un avvocato famoso intento ad incrementare la sua notorietà a discapito della crescita professionale dei suoi praticanti. Puoi scorgere un professore erudito che arroga a sé meriti per pubblicazioni non sue, a scapito di giovani ricercatori. Puoi notare un imprenditore che sfrutta il lavoro di giovani ragazzi senza mai offrirgli un futuro. Si arresta cosi’ il flusso del sapere. Si arresta la crescita professionale e umana. Si arresta il progresso e il futuro. La sconfitta è di tutti. Sconfitto è il maestro che non ha tramandato il suo sapere, sconfitto è l’allievo che non ha gli strumenti per compiere il suo viaggio e sconfitti siamo tutti noi perché il mondo rimarrà immobile come un orologio senza lancette.

Il narciso si traduce in tanti modi diversi ma il suo fine è sempre lo stesso, l’Io. Non c’è spazio per null’altro nell’autoritratto di Van Gogh. C’è solo lui che nella sua fermezza esce dal quadro e ti dice “Lo vedi chi sono? Solo io posso stare al centro del quadro”. Pennellate marcate che escono dalla tela e penetrano dentro la nostra pelle fluttuando come brividi nelle vene del cuore. Ci catturano e ci rendono ciechi nel vedere la potenza di quell’uno che si erge al di sopra di tutti. Ed è cosi’ che impariamo a fermarci alle apparenze. Non scorgiamo i tutti. Quei giovani ragazzi che lottano per essere anche solo una pennellata di quel quadro. Quei discepoli che non hanno un maestro. Quelle vite spaesate che gridano, gridano e non sentono altro che il loro eco. Solo ascoltandoli potremmo vedere cosa c’è veramente dietro l’autoritratto. È un altro quadro ma è nascosto e fa male. È l’urlo di Munch che incarna i tanti volti di giovani che cercano di afferrare la vita ma rimangono coperti da un autoritratto.

Breve descrizione Maria Chiara Vietti, sono manager nel dipartimento Forensics di una primaria società di revisione dove mi occupo di Investigation e Dispute. Sono cresciuta seguendo le orme già tracciate dai miei genitori ma l’ondata di pandemia che ha scosso tutto il mondo mi ha costretta a fermarmi. Mi sono resa conto di quanto sia frenetica la mia vita e di quanto non mi renda felice. La mia inquietudine ha trovato rifugio prima nella lettura e poi nella scrittura. Le librerie e le mostre mi regalano un senso di pace e mi fanno sognare

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