27 Aprile 2024
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Carlotta Viara |

Che il nome che portiamo sia “importante” bene lo sappiamo e magistralmente bene lo ha sottolineato O. Wilde nella sua divertente quanto dissacrante commedia teatrale “The Importance of Being Earnest” (pregna di significati simbolici, imperniati sul paradosso di un tale Ernest … che earnest = onesto non lo era affatto).

Arguti giochi di parole a parte, già i nostri padri latini, con il famoso nomen omen (il nome è un presagio), ne rimarcavano il “peso” sul nostro personale destino.

Se è interessante conoscere l’etimologia degli oltre 7000 nomi di battesimo, ancora più inebriante è avventurarsi nella folta varietà dei 330mila cognomi censiti in Italia.

Praticamente un primato mondiale: Rossi e Ferrari i più diffusi, ma … dal tagliapietra al devoto … a ciascuno il suo.

Dietro ad ogni cognome c’è una storia, che affonda le sue radici nell’antica Roma.

Il cittadino romano era, per legge, munito di: prenomen (Lucius, Marcus…corrispondente al nostro nome); nomen (che indicava la gens di appartenenza: Claudia, Giulia…); cognomen, ovvero il soprannome, attribuito in ragione di caratteristiche fisiche (è il caso di Publio Ovidio Nasone), di abitudini (Caligola viveva in simbiosi con i suoi sandali, caligae), di gesta memorabili (Scipione l’Africano, per la vittoria sui cartaginesi).

Sono tuttavia rari i cognomi di origine latina pervenuti intonsi fino a noi (i Cocci, direttamente dalla gens Cocceia, possono andarne fieri).

È nel Medioevo che i nostri attuali cognomi si forgiano.

Come accade ancora oggi nei paesini, per ovviare all’omonimia, si inizia infatti ad aggiungere, all’inflazionato Francesco di turno, l’indicazione del patronimico, della provenienza o del mestiere svolto.

Nascono così i Di Giuseppe&co, i Pugliese, i Fornaciari (fornai) e via discorrendo (ladri di polli inclusi: Fumagalli).

Con la registrazione obbligatoria dei battezzati introdotta dal Concilio di Trento, si scatena l’inventiva per i neonati “trovatelli”: Proietti (da proiectus, gettato), Esposito, Diotallevi.

Da allora in poi, la derivazione greca (es. Cristofori), germanica (es. Bernardi), ebraica (es. Adami) si mescola ai graziosissimi diminutivi (es. Riccardini) e vezzeggiativi (es. Guiducci) nonché alle varianti dialettali (Zanni, il Giovanni veneziano) ed agli onnipresenti cenni floro-faunistici (Bosco, Lupo) e connotati psico-fisici (Savio, Grosso).

Un crescendo colorito, che solo il genio italico poteva coniare, in un climax ascendente di “pittoricità”: Bellomo, Quattrocchi, Pappalardo, Chiappafreddo.

Fuorviante Mastronzo che – al bando le illazioni – è la forma contratta di Mastro Oronzo: non già quindi da censura bensì … semplice frutto di ingenua cesura.

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