25 Aprile 2024
Maria Chiara Vietti | Afrodite è l’icona della bellezza senza tempo, è la nascita di tutti noi. È l’antica Grecia, la culla della nostra civiltà. È la nostra storia, rappresenta le nostre origini
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Maria Chiara Vietti

Canterò la bella, veneranda Afrodite dall’aurea corona, protettrice delle mura dell’intera Cipro circondata dal mare, dove l’umido soffio di Zefiro la portò sull’onda del mare risonante, tra la soffice spuma. Le Ore dal diadema d’oro lietamente l’accolsero e le fecero indossare vesti divine”, cosi’ Omero ci presentò Afrodite.

Quella stessa dea che avremmo potuto incontrare alla corte di Lorenzo il Magnifico nell’immortale dipinto di Sandro Botticelli. Un quadro che, per dirlo con le parole del Vasari, raffigura “Venere che nasce, e quelle aure e venti, che la fanno venire in terra con gli amori”. Movimenti tenui e incantati accompagnano la naturalezza della Venus pudica che viene portata dai Venti Zefiro e Aura per essere vestita dalla Primavera.

È l’icona della bellezza senza tempo. È la nascita di tutti noi. È l’antica Grecia, la culla della nostra civiltà. È la nostra storia, rappresenta le nostre origini, il luogo da dove veniamo. È il nostro patrimonio culturale e artistico, rappresenta l’Europa.

Nella nascita di Venere possiamo rivedere la Venere di Milo, il David di Michelangelo, la Libertà che guida il popolo, Amore e psiche, la Dama con l’ermellino e tutto il patrimonio culturale e artistico europeo. La nascita di Venere siamo tutti noi, cittadini di un’Europa passata, fatta di bellezza e prima ancora di ingegno, talento e maestria. Questo il nostro passato ma quale il nostro futuro?

Viviamo in un mondo in cui tutto è passato. La magnificenza di quello che abbiamo è opera dei grandi di un altro tempo. Siamo famosi per la nostra storia ma da lì ci siamo forse mai mossi? Quali i nostri meriti nel presente? Cosa direbbero Botticelli, Michelangelo, Lorenzo de Medici dell’Europa del XXI secolo? Cosa stiamo costruendo?

Forse ha ragione lo scrittore olandese in Grand Hotel Europa di Ilja Leonard Pfeijffer quando dice che “l’Europa annega nella propria storia” perché “in Europa c’è cosi’ tanto passato che non c’è più posto per l’avvenire”. Siamo rimasti fermi, immobili come i nostri monumenti e abbiamo cosi’ arrestato l’eterna danza dei nostri avi. La nostra fama si erge su un patrimonio ereditato che non siamo in grado di gestire e far fruttare.

Amiamo immensamente il nostro passato ma il nostro amore è ossessivo perché non ci permette di vedere null’altro. Il nostro amore ci acceca e ci rende inutili, convinti che la storia non si potrà mai eguagliare. Ma se anche cosi’ fosse, perché non proviamo almeno a ridarle una vita? Perché ci ostiniamo a correre verso il declino? L’amore per il nostro passato ci porterà alla morte. Perché vi chiedete? Perché non è amore vero ma ossessione.

È l’ossessione di Madama Butterfly che aspetta e aspetta un amore che non la corrisponde e cosi’ si uccide mentre una vita ingenua e ignara zampetta intorno a lei. È l’ossessione di Romeo e Giulietta per i quali non ci poteva essere vita senza il loro unico amore. Ed è cosi’ che l’amore che è vita diventa morte.

Ed è cosi’ che, per dirlo alla Jane Austen, il sentimento ha la meglio sulla ragione. Ed è cosi’ che il nostro emisfero celebrale destro, l’emisfero dell’artista e del poeta, ha la meglio sull’emisfero sinistro che parla con le parole della razionalità e della concretezza.

E allora siamo forse noi diversi da Romeo e da Giulietta? Viviamo errando nella nostra immobilità assopiti dal nostro passato come il conte di Rochester dal vino. Ubriachi di bellezza non siamo capaci di trattenerla e ci nascondiamo dietro il fascino della decadenza come burattini governati da potenze esterne. Cosa sarebbe successo se Roma avesse lasciato la sua potenza ai barbari? Cosa succederà a noi se lasceremo il nostro passato a coloro i quali non possono capirne la grandezza?

Ha ragione Patelski, in Grand Hotel Europa di Pfeijffer quando dice che “LEuropa è cosciente del proprio destino”? Riusciremo a dare vita alla nostra Afrodite che guardandoci con commiserazione ci chiede: dove state andando?

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