15 Maggio 2024
Maria Chiara Vietti | Uomini e donne come puntini di una tela colorata, talvolta sanno chi sono e talvolta no. Nel profondo dei loro cuori si insinuano domande che come crepe rompono i vasi delle loro vite
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Maria Chiara Vietti

Uomini e donne come puntini di una tela colorata, talvolta sanno chi sono e talvolta no. Nel profondo dei loro cuori si insinuano domande che come crepe rompono i vasi delle loro vite. Viaggiando e scoprendo, i puntini e le crepe, si domandano continuamente quale sia il loro scopo, consapevoli che l’unica loro ricchezza sia data dal Tempo. Cosa ne faranno di esso?

Noi come puntini

Chi siamo? Non siamo animali ma siamo anche animali. Ci svegliamo la mattina e viviamo le nostre giornate in un mondo civilizzato, se cosi’ si può definire. Abbiamo costruito ponti, voliamo per raggiungere mete esotiche. Ci scopriamo a vicenda. Paesi diversi, tradizioni diverse, pelle diversa. Ma siamo tutti uguali. Uomini e donne di un mondo, forse di un universo. Soli. Sappiamo chi siamo perché abbiamo un nome, un cognome, abbiamo amici e parenti che ci aiutano a dipingere il nostro quadro in continuo movimento. Potremmo cosi’ formare “Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte” di Seurat o farci trasportare da “The Green Sail” di Signac. E andare cosi’ insieme a tanti piccoli puntini a riempire la nostra tela.

Un curioso Boccadoro

C’è poi qualcuno a cui non basta vivere in un mondo di regole e dogmi e preferisce partire all’avventura. Un Boccadoro di Herman Hesse si intravede cosi’ ogni tanto vagare curioso per scoprire se esiste qualcosa che possa colmare la sua sete di libertà. Ed è cosi’ che quella sete e quella curiosità viene in parte appagata dalla bellezza del mondo. Colori, odori e suoni uniti a volti, sorrisi e pianti placano la curiosità umana di un’attrazione continua.

Spesso il giovane Boccadoro si perde e diventa emarginato dal mondo. La scelta non è poi di nessuno ma la sua curiosità l’ha spinto cosi’ lontano che il suo appartenere al mondo diviene vago e non identificato. Appartenere a tutti e a nessuno lo ha fatto avvicinare a tutti e a nessuno. E in questo disconoscimento, tuttavia, il Boccadoro non risulta averci ancora capito nulla. Perché cosa di può capire?

Il rapporto umano

Federico II di Svevia aveva fatto un esperimento crudele su dei bambini imponendo alle bambinaie di non parlare ai piccoli perché voleva scoprire quale fosse la lingua originaria del mondo. Ebbene, non solo questo esperimento servì a comprendere che una lingua originaria non esiste ma che i bambini privati della voce umana muoiono. Il contatto e il rapporto umano ci permette di vivere, senza di esso periremmo.

Mai come in questi giorni la nostra vita è stata messa in discussione. Viviamo tra lockdown e concessioni di esistenza. Vediamo di sfuggita e salutandoli da lontano amici e parenti. E forse ci rendiamo conto di quanto siamo piccoli, deboli, effimeri. Ubriachi di vita ci siamo svegliati con qualcuno che ci segnalava che il vino era finito. Ma noi aneliamo a quel vino, noi ci sentiamo quel vino eppure oggi ci fermiamo per renderci conto di essere solo dei puntini.

Una crepa come un nuovo e migliore risveglio

La nostra esistenza di puntini nel meraviglioso quadro è stata messa in discussione e si è trasformata. È ora un vaso giapponese caduto a terra con tante e innumerevoli crepe. Cosa faremo della nostra vita? Non possiamo affidarla alla scienza, alla politica, alla medicina. Riprendiamo in mano le teorie sull’universo cercando di capire quello che Boccadoro cercava e che non è altro che il proprio scopo. Quale sarà il nostro scopo nell’Universo? Prima la Terra era piatta poi è diventata rotonda. Prima giravano il sole e la luna e poi abbiamo compreso che è la Terra a girare. Ma quante terre allora esistono e cosa facciamo noi su questa terra?

Noi occidentali gettiamo via i vasi rotti mentre i giapponesi li riparano con l’oro. La tecnica si chiama Kintsugi, ha radici risalenti al XV secolo e la convinzione è di poter rendere ancora più belli gli oggetti rotti. L’oro si insinua tra le crepe e le riempie fino a rendere un oggetto che si pensava rotto e inutile ancora più bello.

Un’intelligenza profonda mi fece notare che dalle crepe nascono infatti i grandi momenti perché le stesse crepe non sono altro che la messa in discussione di sé stessi. In questo mondo in cui sappiamo di avere solo il nostro tempo noi possiamo decidere cosa farne. Forse in questo momento di libertà privata la precedente affermazione potrebbe sembrare inopportuna.

È però in questo unico e singolo momento di difficoltà che riconosciamo quello che abbiamo. Il tempo. Ballando sotto la doccia possiamo sentire la pioggia dentro di noi. Leggendo un libro ci dirigiamo e immergiamo in terre lontane che non possiamo vedere con gli occhi ma con il cuore. Un sorriso, un abbraccio e un bacio ci fanno sentire in vita seppur in cerca come giovani Boccadori di quella libertà mista a verità che non si rivela. Se è veramente solo il tempo concessoci che abbiamo cosa ne faremo di esso?

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