20 Aprile 2024
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Carlotta Viara I

Al parco archeologico di Pompei si ipotizza una vendita straordinaria di … lapilli.

E non è l’idea di un “mariuolo” qualunque per sbarcare il lunario ed arrivare a fine giornata: la proposta è dell’ex direttore Massimo Osanna, ora direttore generale dei musei italiani.

In occasione di un incontro tenutosi la scorsa settimana presso la scuola di specializzazione in beni architettonici e paesaggistici dell’Università Federico II di Napoli, il vulcanico studioso-manager ha esposto la sua strategia per autofinanziare gli scavi (che, sotto la sua guida, si sono addentrati in una promettente epoca di rinascita).

Dopo l’eccellente campagna promo pubblicitaria che sta restituendo al sito la meritata visibilità, dopo il marketing “virale” degli ultimi reperti ritrovati (http://www.ecograffi.it/2021/01/pompei-a-tavola-il-menu-del-giorno-24-ottobre-79-d-c/) che ne stanno facendo un modello da imitare (grazie anche all’oculata gestione dei fondi comunitari), si passa ora alle grandi manovre di merchandising.

Vendere le particelle eruttate dal cratere in ebollizione del Vesuvio (proprio di quella colata di duemila anni fa) come gadget ai turisti: quando un suggerimento all’apparenza un po’ balzano può contribuire fattivamente allo sviluppo di un progetto di valorizzazione dell’ingente produzione lavica che giace inutilizzata nei depositi.

Si tratta infatti di quintali e quintali di “merce“ accumulata, che fino ad ora è rimasta pressoché incustodita alla mercé delle ditte appaltatrici: di norma riversata nelle apposite aree, talvolta (si sospetta) reimpiegata nell’edilizia urbana comune.

Beninteso, la faccenda riguarderebbe il solo materiale di scarto dalcertosino lavoro di disseppellimento dei preziosi resti: niente di comparabile, in termini di interesse storico-culturale, alla tessera di mosaico o al frammento di affresco, spesso purtroppo oggetto di ruberie (soprattutto nel passato) da parte del “tombarolo” di turno o del visitatore ladruncolo occasionale.

Un qualcosa però di strettamente connesso con la magia del luogo e di sicura appetibilità – commercialmente parlando – per i tanti estimatori, alla caccia di un’esperienza d’acquisto dal sapore evocativo. Stranieri in prima linea.

Se il giovane neodirettore Gabriel Zuchtriegel,nel raccogliere il testimone dal suo  predecessore, ne manterrà la stessa linea evolutiva affrontando la sfida in tutta la sua portata dirompente, sarà ufficialmente inaugurata l’era del riscatto dai tristi periodi di incuria (con brevi parentesi di scempio) di alcune delle (mala)gestioni antecedenti.

Le best practices pompeiane esportate, a mo’ d’esempio virtuoso, in tutte le altre analoghe realtà del Belpaese: questo lo scopo dichiarato dall’attuale amministrazione.

Ed è già toto-scommessa sul packaging per l’originale souvenir di viaggio.

Il classico involucro bottiglietta-porta-lapilli pare essere l’opzione più gettonata; molto rassicurante nella sua intima essenza kitsch eda riporre con fierezza sullo scaffale tra le “buone cose di pessimo gusto” di gozzaniana memoria.

Con preghiera, rivolta ai poco panoramici professoroni, di non gridare allo scandalo per il venale inscatolamento di piccoli pezzetti di storia millenaria.

L’invito è, insomma, di non storcere troppo il naso, ma di chiudere un occhio … anzi, di “strizzarlo” all’interessante opportunità.

Perché, per risollevarsi con efficacia dai momenti di crisi, occorre sfoderare fresca inventiva,sfruttando tutte le risorse (lecite) a disposizione.

Che poi è lo stesso concetto espresso dall’inarrivabile saggezza popolare partenopea con il far del proprio meglio per “tirar a campa’”. Un po’ estremizzata (in sintonia con il simpatico spirito campano incline all’esagerazione), ma sempre valida filosofia di vita prêt-à-porter.

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