14 Maggio 2024
Maria Ausilia Di Falco | L'equilibrio delle illusioni ci fa danzare sulle pagine. Entriamo in punta di piedi nella storia. E troviamo Agnese, la protagonista, proprio in punta di piedi
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Maria Ausilia Di Falco

La tenda del sipario si sta aprendo. C’è silenzio, l’attesa ha tolto l’aria dal teatro. Un teatro azzurro, fronte mare. E uno, due, tre… si muovono sinuosi sul palcoscenico, i passi di due ballerini.

Prima dei passi arrivano i loro respiri, poi i loro sguardi, le labbra che si toccano e le mani che si flettono in un abbraccio.

I passi arrivano dopo perché Agnese e Adriano si muovono lenti. Prima di avvicinarsi così, un tempo lungo e muto li ha separati. Ci hanno tenuto col fiato sospeso.

Se lo spettacolo dura un’ora, vedremo Adriano sollevare Agnese in volo, solo gli ultimi cinque minuti.

Croce e delizia. E la delizia poi, dura troppo poco. Le luci sono ancora spente e noi siamo lì, non siamo sazi, ne vogliamo ancora. Vogliamo continuare a vedere i due amanti volteggiare nell’aria che è tornata tra noi.

L’applauso è fragoroso. Cosa hanno ballato Agnese ed Adriano? Un tango? Un valzer? Un notturno, forse un notturno. Ma seppur immersi nell’atmosfera del notturno, questa risposta non ci basta. Perché Agnese e Adriano sul palcoscenico, hanno ballato la vita. Ne siamo tutti partecipi. A un certo punto, eravamo persino in cerchio intorno a loro, a improvvisare. Come nella migliore delle coreografie di teatro-danza di Pina Bausch.

Le lacrime finali, liberatorie di Agnese bagnano anche il nostro viso. Perché prima di vederla librare, abbiamo viaggiato immobili con lei. Lei, che all’inizio era una ballerina rigida. Sempre elegante ma su due punte di cristallo. E ci faceva paura con quel cristallo, meraviglioso a vedersi ma pronto a rompersi da un secondo all’altro. Lei, tesa come una corda di violino. Che poi, a poco a poco si è trasformata nel movimento sonoro che il violino produce, la musica più vicino a Dio.


In queste righe c’è tutto “L’equilibrio delle illusioni”. Questo libro ci fa danzare sulle pagine. Entriamo in punta di piedi nella storia. E troviamo Agnese, la protagonista, proprio in punta di piedi. Solida all’apparenza, traballante dentro. Elegantemente fragile. Manager in carriera, indipendente, ossessionata dal dover tenere tutto sotto controllo, soprattutto a lavoro, e solida come una roccia, quando parte da Torino alla volta di Erice, paesino siculo arroccato a 750 metri di altezza, si sente persa. Non le importa mica di respirare il profumo degli aranci, di lasciarsi sciogliere in bocca la granita alle mandorle, di lavorare in uno dei posti più suggestivi sulla faccia della terra. Lei vuole il getto vaporoso della sua doccia, la scrivania del suo ufficio, il calore delle sue abitudini incessanti che non le danno tempo di pensare. Eppure, dopo qualche giorno, su quella torretta arroccata, ci trova la sua posizione. Anche da lassù, può controllare tutto.

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E in fondo la pietra di Erice, di un bellissimo color sabbia all’esterno, nasconde dentro una durezza e una spigolosità in cui Agnese si ritrova. E non lo nasconde, perché lei quella solidità l’ha ottenuta a denti stretti. Ne va fiera perché il dolore che ha attraversato la sua vita, non l’ha piegata. Nella lotta, ha vinto lei. E nessuno deve scoprire quel macigno di dolore. Cosa e chi l’hanno provocato.

A che prezzo però non lo sa. Come non sa che gli incontri giusti nella vita, sono capaci di sgretolare anche la più dura delle pietre. Così, tra un isterismo e l’altro, una Suorina particolare, un convento secolare che le sbatte in faccia i suoi fantasmi più antichi, e un tale di nome Adriano, Agnese inizia a togliersi le scarpe e camminare scalza sulla sabbia. Scioglie i capelli e li libera al vento, li lascia schiarire al sole. Inizia a profumare di latte solare e gelsomino. Appena sente le note di un pianoforte, capisce che il mondo non le è poi così estraneo. Se sente provenire da una finestra le note del Sogno d’amore di Liszt, quelle note che lei stessa ha suonato, scopre di sognare l’amore. Se sente un notturno, lei diventa notturna. Se sente un tema cantabile, lei canta dentro di sé.

E il punto è questo: che Agnese scopre di avere un dentro. Enorme, profondo come un pozzo. Invisibile. Impacchettato in pareti rigide, impenetrabili. E non lo scopre solo in prima persona. Nessuno direbbe di lei che ha un dentro. Perché al netto di una bellezza abbagliante, sembra vuota. Scarna. Gelida come il polo nord. E noi, nell’osservare questo passo di danza che cerca di restare in equilibrio a tutti i costi, stiamo in punta di piedi insieme ad Agnese. Ma è troppo faticoso all’inizio. Perché cerchiamo questo equilibrio all’esterno. Pensiamo che tra cuore e mente debba vincere per forza l’uno o l’altra. E cadiamo. Cadiamo e ci rialziamo. Cadiamo e ci rialziamo su un piede. Cadiamo e ci rialziamo sull’altro. Ci sfiniamo. Non c’è gesso nelle ballerine che possa frenare il sangue che scorre dalle nostre dita. E quindi non siamo semplici spettatori di questa sofferenza. Non guardiamo e basta. La assorbiamo. Compartecipiamo. Viviamo insieme ad Agnese nel bene e nel male. Cerchiamo con lei l’equilibrio. Ci spostiamo nei paesaggi, nelle atmosfere musicali che sono protagonisti del romanzo tanto quanto i personaggi.

In questo libro le parole diventano animate, sono cariche di energia, ci coinvolgono. Si incollano alla pagina come le note allo spartito e le emozioni alla nostra pelle. È come sedersi a mensa, assaporare il pesce più fresco del mondo, di fronte al mare e non saziarsi mai. Neanche quando arriviamo all’ultimo boccone e ne vogliamo ancora. Da quella tavola non vogliamo alzarci. Finchè non vedremo Agnese in armonia, senza sforzo sulle punte dei piedi, pronta a sollevarsi in volo, non ce ne andremo da Erice.

Questo libro è tanto. E di più.

Giochiamo. Se fosse un’immagine sarebbe questa:

Robwoodcoxphoto instagram

Se fosse una poesia, sarebbe quella di un anonimo:

“Vestiamoci di colori. Abbracciati, volteggiamo nella stanza. Io donna dai piedi leggeri di fiore, con una larga gonna a cerchio, tu, uomo e maestro, albero che danza nell’eleganza di un sorriso amico. Così, tutta la vita: senza chiedersi perché o se potrà durare l’armonia che ci vede emozionati a fondersi nel doppio mistero della musica.La danza può guarire, ancor prima dell’amore. Così io mi sento qui con te: un fiore che vibra nella pace, che davanti al silenzio non si ferma. Non aver paura. Niente può cambiare se prima non si esprime la scioltezza delle membra, se sul volto non appare l’abbandono, la fiducia. Rasserena l’animo, vestiamoci di colori. Danziamo ancora, parlandoci nel ballo,e il ballo ci dirà se questo è amore.”

Se fosse musica sarebbe… Eh, qui è difficile. È difficile scegliere perché questo libro ha un ritmo poco scisso dalla musica. E potrebbe essere tutte le musiche citate nel testo, che si sentono nell’aria quanto nelle mani di Agnese o delle misteriose allieve del convento. Sono righe musicali quelle della Frontani che l’ha scritto cantando, forse. Trasferendo note nelle frasi. Da vera Maestra, visto che suonando il sax, se ne intende di musica. Però, al netto dei riferimenti musicali frequenti, dei tanti brani associabili alle diverse scene del romanzo, questa storia ha il colore di un notturno di Respighi:

Con queste sfumature sognanti e piccole note dissonanti che disorientano per un microsecondo l’orecchio, volutamente. Perché quando dopo la nota dissonante sentiamo la risoluzione dell’accordo sulla melodia principale, è una sorpresa bellissima. Come tornare a casa. Incanto. Assaporiamo di più la melodia e approdiamo con lei al nostro porto sicuro.

E se fosse una canzone, non ho dubbi: sarebbe “Carte da decifrare” di Ivano Fossati.

L’amore è tutto carte da decifrare.

Perché, se ancora non lo avete capito, di qualsiasi cosa stiamo parlando, qualsiasi musica balliamo o ascoltiamo, la questione è l’amore. La distanza che mettiamo tra noi e l’amore, a volte, è un luogo curioso.

Ma è l’amore che smuove le piccole cose e i grandi sistemi universali. L’amore, non c’è niente da fare, che scalda la vita più di mille soli di Sicilia. L’amore che è barca a vela tanto quanto pioggia. Che è argentino: sensuale, caldo, vellutato. Ma anche nordico: perché i laghi ghiacciati sono bellissimi. Puoi pattinarci su. E quando si rompono, dentro c’è l’acqua più cristallina e bella del mondo. Anche lì sotto, c’è amore. E noi abbiamo bisogno di amore caldo e amore freddo, amore sopra e amore sotto, amore soli e in compagnia.

C’è amore ovunque insomma. Che lo accettiamo o meno. Che ce lo abbiamo negli occhi o no.

Certo, se lo avremo negli occhi, tutto quello che osserveremo sarà amorevole. Carico di gioia come un albero di ciliegie a maggio.

A volte pensiamo che l’amore sia questione di equilibrio tra mente e cuore. Agnese lotta da sempre con mente e cuore. E alla fine capisce, grazie ad Adriano e alla strana monaca col gelato, che è la pancia che deve guidarla verso la luce. È la pancia che nutre sia il cuore che la mente e l’equilibrio deve avere il suo perno proprio lì, nell’ombelico.

«Cosa faccio: osservo. Non ho mai fatto altro che osservare persone. Ho visto o cercato di vedere soltanto i rapporti umani e ho cercato di parlarne. Ecco che cosa mi interessa. E non so neppure cosa possa esserci di più importante.»

Qualcuno si ricorda di chi sono queste parole?

Pina Bausch. La monaca col gelato. La santa sui pattini a rotelle, il volto da regina in esilio, il giudice di un tribunale metafisico che all’improvviso strizza l’occhio. Nell’andirivieni disordinati dei camerini dei più grandi teatri, tra uno svolazzare di copioni e porte sbattute, c’era lei. Che diceva queste parole.

Ma starebbero bene in bocca anche ad Antonella Frontani. Che nei suoi libri osserva e ci fa osservare le vite dei suoi personaggi. Sono libri-mondo, i suoi. Perché nelle storie dei protagonisti, nelle relazioni che si intrecciano, ci siamo tutti. Ci sono le nostre emozioni, i nostri desideri, i nostri stati d’animo. Ci ritroviamo nelle dinamiche della loro vita quotidiana, nelle riflessioni sulle piccole cose o sulle enormi questioni esistenziali.

Modificando Gibran:

l’anima di un libro-filosofo veglia nelle nostre teste. l’anima di un libro-poeta vola nel nostro cuore,l’anima di un libro-canto vibra nelle nostra gola.

Ma l’anima di un libro-musica suona in noi, l’anima di un libro-danza, vive in tutto il nostro corpo.

E allora balliamo.

E allora, approdiamo sull’isola a piedi nudi, insieme con lei. Antonella o Agnese? Poco importa. Se vi lascerete prendere per mano, arriverete dentro questo teatro fronte mare. Dovrete solo chiudere gli occhi e abbandonarvi. Con queste due donne, cadere all’indietro è cadere sul morbido.

L’equilibrio delle illusioni

Antonella Frontani

GARZANTI

Narrativa italiana

Dettagli

204 pagine

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